lunedì 20 giugno 2016

SONETTO XXVII

SONETTO XXVII di Shakespeare
A seguire un sonetto di William Shakespeare in cui il poeta descrive il suo tormento: né di giorno né di notte può avere riposo, visto che di giorno deve viaggiare e di notte non può fare a meno di pensare alla persona amata.

Sfinito dalla fatica, mi affretto al mio letto,
il caro riposo per le membra stanche del viaggio;
ma allora un altro viaggio mi comincia nella testa,
e lavora la mia mente, quando è finito il lavoro del corpo.

Allora i miei pensieri, di là lontano dove mi trovo, 
verso di te fanno un devoto pellegrinaggio,
e tengono spalancate le mie palpebre pesanti,
a guardare la tenebra che vedono i ciechi. 

Senonché la vista immaginaria della mia anima, 
presenta al mio sguardo cieco la tua ombra,
che, come un gioiello appeso alla notte spettrale, 
fa la nera notte bella e il suo vecchio volto nuovo. 

Così di giorno le mie membra, di notte la mia mente, 
per causa tua, e mia, non trovano quiete.

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