lunedì 28 settembre 2015

Abbiamo sempre vissuto nel castello

Abbiamo sempre vissuto nel castello, il Male che si nasconde dietro l'innocenza






Titolo: Abbiamo sempre vissuto nel castello, pubblicato anche con il titolo Così dolce, così innocente

Autore: Shirley Jackson

Pagine: 182

Anno: 2009

Trama: "A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce"; con questa dedica si apre "L'incendiaria" di Stephen King. È infatti con toni sommessi e deliziosamente sardonici che la diciottenne Mary Katherine ci racconta della grande casa avita dove vive reclusa, in uno stato di idilliaca felicità, con la bellissima sorella Constance e uno zio invalido. Non ci sarebbe nulla di strano nella loro passione per i minuti riti quotidiani, la buona cucina e il giardinaggio, se non fosse che tutti gli altri membri della famiglia Blackwood sono morti avvelenati sei anni prima, seduti a tavola, proprio lì in sala da pranzo. E quando in tanta armonia irrompe l'Estraneo (nella persona del cugino Charles), si snoda sotto i nostri occhi, con piccoli tocchi stregoneschi, una storia sottilmente perturbante che ha le ingannevoli caratteristiche formali di una commedia. Ma il malessere che ci invade via via, disorientandoci, ricorda molto da vicino i "brividi silenziosi e cumulativi" che - per usare le parole di un'ammiratrice, Dorothy Parker abbiamo provato leggendo "La lotteria". Perché anche in queste pagine Shirley Jackson si dimostra somma maestra del Male - un Male tanto più allarmante in quanto non circoscritto ai 'cattivi', ma come sotteso alla vita stessa, e riscattato solo da piccoli miracoli di follia.

Recensione: Il Male si nasconde dietro l’innocenza di una ragazza, dietro il suo evidente disagio mentale, un Male che colpisce tutto. Un piccolo appunto prima di cominciare: questo è un romanzo che non sono riuscita a comprendere completamente. Le premesse sono buone, un castello, due sorelle che nascondono un segreto, un paese che le odia, ma poi la storia si perde. Mi è piaciuta l’idea del Male si nasconde dietro l’innocenza di una ragazza, dietro il suo evidente disagio mentale, un Male che colpisce tutto, che colpisce una famiglia apparentemente perbene. Mary Katherine è chiaramente malata, ma nemmeno Costance, a parer mio, è del tutto sana, soffre di vittimismo, preferisce vivere in una casetta isolata, vivere ogni giorno laddove sono morti i genitori e il fratello piuttosto che intraprendere una vita vera, non cerca nemmeno di aiutare la sorella, semplicemente la difende, senza però permetterle di fare una cura. Gli abitanti del villaggio poi sono orribili, sono chiusi nel loro piccolo mondo e odiano senza un reale motivo la famiglia dei Blackwood ( che non ha mai danneggiato il villaggio, al massimo li si può accusare di aver danneggiato se stessi). Infine il finale non è soddisfacente, in pratica non si risolve nulla, non c’è un vero finale, e alla fine della storia la situazione delle due sorelle è addirittura peggiorata.

Citazioni:

Mi chiamo Mary Katherine Blackwood. Ho diciott’anni e abito con mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna potevo nascere lupo mannaro, perché ho il medio e l'anulare della stessa lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di Leone e l’Amanita Phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti.

Fuori c'erano il castagno di Constance, l'ampia distesa erbosa e il giardino di Constance, e più in là l'orto di Constance, e, ancora più in là, gli alberi che ombreggiavano il ruscello. Quando eravamo sedute sul prato nessuno al mondo poteva vederci.

Voto: 6

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