giovedì 28 aprile 2016

La cosa più bella

La cosa più bella su questa terra
Oggi voglio presentarmi una delle più belle liriche dell'antica Grecia. Scritta da Saffo, una delle poche donne di quel periodo storico di cui è rimasta memoria, la poesia tratta il tema della cosa più amata e la vede da un punto di vista tipicamente femminile, per lei la cosa più amata non è un oggetto in particolare e nemmeno un'armata di cavalieri o una flotta di navi, di grande importanza per gli antichi, ma la cosa amata. Contrappone così l'amore alla guerra.

 Dicono che sopra la terra nera
la cosa più bella sia una fila di cavalieri,
o di ospiti, o di navi.
Io dico: quello che s'ama.

 Meno conosciuta è il resto della lirica in cui si fa riferimento alla bellezza di Elena, da cui l'altro nome della poesia "L'amore di Elena" in cui viene detto che Elena va a Troia per seguire il proprio amore, la cosa per lei più bella. E Saffo ricorda con nostalgia la propria amante, che vorrebbe rivedere e preferirebbe la sua apparizione a quella dei carri da guerra.


Chiunque può capirlo facilmente:
colei che superava di molto
tutti i mortali per bellezza, Elena,
abbandonò lo sposo
il più eccellente degli uomini -

e fuggì a Troia per mare.
Dimenticò la figlia, dimenticò
i cari genitori.
Fu Afrodite a sviarla.

....
Così ora mi torna alla mente
Anattoria lontana.

Oh. preferirei rivedere
il suo amabile passo,
il candore splendente del viso,
piuttosto che i carri dei Lidi
e battaglie di uomini in armi.

lunedì 25 aprile 2016

L'adolescente

L'adolescente

Poesia della Szymborska in cui la poetessa si confronta con la sé adolescente. Che emozioni proveremmo se potessimo rincontrarci da ragazzine? Ci sarebbe un argomento di cui parlare? Oppure sarebbe come incontrare un estraneo? L’autrice dice di non provare affetto per la sé adolescente, con cui condivide solo data di nascita e parenti. Nemmeno il fisico è più lo stesso. La giovane sa poco ma è sicura di ciò che sa, l’adulta sa di più ma con minore certezza. Il concetto di tempo è diverso. È quasi un sollievo quando l’adolescente se ne va e unica cosa che lascia è la sciarpa fatta dalla madre che l’autrice riconosce e conserva con amore, unico legame con la propria precedente versione. 


Io un’adolescente?
Se ora, d’improvviso, si presentasse qui,
dovrei salutarla come una persona cara,
benché mi sia estranea e lontana?
Versare una lacrimuccia, baciarla sulla fronte
per la sola ragione
che la nostra data di nascita è la stessa?
Siamo così dissimili
che forse solo le ossa sono le stesse,
la calotta cranica, le orbite oculari.
Perché già gli occhi è come fossero più grandi,
le ciglia più lunghe, la statura più alta
e tutto il corpo è fasciato
dalla pelle liscia, senza un’imperfezione.
In verità ci legano parenti e conoscenti,
ma nel suo mondo di questa cerchia comune
sono quasi tutti vivi,
mentre nel mio quasi nessuno.
Siamo così diverse,
i nostri pensieri e parole così differenti.
Lei sa poco -
ma con un’ostinazione degna di miglior causa.
Io so molto di più -
ma non in modo certo.
Mi mostra delle poesie,
scritte con una grafia nitida, accurata,
con cui io non scrivo più da anni.
Leggo quelle poesie, le leggo.
Be’, forse quest’unica,
se fosse accorciata
e corretta qua e là.
Dal resto non verrà nulla di buono.
La conversazione langue.
Sul suo modesto orologio
il tempo è ancora incerto e costa poco.
Sul mio è molto più caro ed esatto.
Per commiato nulla, un sorriso abbozzato
e nessuna commozione.
Solo quando sparisce
e nella fretta dimentica la sciarpa -
Una sciarpa di pura lana,
a righe colorate,
che nostra madre
ha fatto per lei all’uncinetto.
La conservo ancora.

giovedì 21 aprile 2016

Amore a prima vista

Amore a prima vista di Wislawa Szymborska


E se l’amore a prima vista in realtà non esistesse? Se fosse il frutto di innumerevoli incontri, già avvenuti dall’infanzia, di un destino che gioca con gli amanti avvicinandogli e allontanandogli? Questo sostiene questa poesia di Wislawa Szymborska. Forse c’è già stato un incontro in porta scorrevole, o un numero digitato male o una palla passata da uno all’altra. Perché fine e inizio nella vita umana sono collegati indissolubilmente.

 Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella.
Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
se non ricordano-
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno ‘scusi’ nella ressa?
un ‘ha sbagliato numero’ nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso giocava con loro.
Non ancora pronto del tutto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
con un salto si scansava.
Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, forse già la palla
tra i cespugli dell’infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava su un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.
 

lunedì 18 aprile 2016

Eulalia

Eulalia di Allan Poe


Eulalia è una delle poche poesie di Allan Poe in cui la donna non è morta.  Il protagonista è un uomo solitario che finalmente incontra la felicità nella giovane Eulalia, che diventerà la sua sposa. Nel nome è presente la lettera L, dal poeta considerata la più adatta ai nomi femminili. Nella poesia è presente Astarte, stella luminosa, richiamo a Venere, dea dell’amore e della bellezza. L’aspetto fisico di Eulalia è ampiamente lodato, ma viene descritto con archetipi tipici di questo tipo di poesie come i capelli d’oro o gli occhi lucenti. Il narratore è certo che ora che la conosce non conoscerà più dolore o dubbio.

Dimorai solitario
in un mondo di pianto
e la mia anima era stagnante acqua,
finchè Eulalia gentile e bella divenne la mia sposa in rossore
finchè Eulalia dai capelli d'oro divenne la mia sposa in sorriso.

Ah, meno assai lucenti
le stelle notturne
che gli occhi della raggiante ragazza!
e mai un fiocco
che la bruma forma
con tinte porpuree e perlate di luna
possono col più negletto ricciolo della modesta Eulalia
possono col più umile e incondito ricciolo di Eulalia occhi lucenti aver paragone.

Or Dubbio or Pena
mai più ritornano,
perchè la sua anima mi rende sospiro per sospiro,
e lungo il giorno
splende luminosa e forte
Astarte in cielo,
mentre la cara Eulalia a lei volge e rivolge il suo occhio di matrona
mentre lei alla giovine Eulalia volge il suo occhio viola.

giovedì 14 aprile 2016

Ad una passante

Ad una passante di Charles Baudelaire



Altra poesia dedicata al tema della donna vista per strada, amata per un solo istante, senza avere il coraggio di dichiararsi. Ad una passante compare per la prima volta nel 1855 ne I fiori del male di Baudelaire ed esprime proprio il sentimento dell’amore a prima vista. In una strada affollata l’autore vede una donna alta e snella, in lutto e provocante,  ma il tempo di un secondo e subito la visione svanisce e Baudelaire si chiede se mai la rivedrà.

La via assordante strepitava intorno a me.
Una donna alta, sottile, a lutto, in un dolore
immenso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l’orlo della gonna
agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l’uragano.
Un lampo, poi la notte! – Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m’ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell’eternità?
Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!

lunedì 11 aprile 2016

Le passanti

Le passanti di Antoine Pol



Ho scoperto questa poesia solo qualche giorno fa e mi è subito piaciuta. Le passanti di Antoine Pol affronta il tema dell’amore a prima vista e della mistificazione della donna, della bella passante in questo caso, che sia una donna vista alla finestra, oppure la compagna di viaggio con cui non si ha avuto il coraggio di parlare o ancora una compagna di ballo che non vuole rivelare il proprio nome. Una bellissima poesia dedicata alle donne che si sono viste una sola volta. Questa poesia però affronta anche il punto di vista della parte femminile, della passante, che seppur innamorata è troppo timida per dichiararsi e si pente della propria ritrosia e di quella che per orgoglio ha scelto di non esporsi. Il tema della passante mi ha fatto anche pensare Alla ricerca del tempo perduto di Proust in cui il giovane protagonista s’innamora delle fanciulle che vede passare per strada, che sia una contadina o una borghese, e immagina come sarebbe la vita passata con loro, anche se in fondo sa che se parlasse con loro ne rimarrebbe deluso.

Voglio dedicare questa poesia
A tutte le donne amate
Per qualche istante segreto.
A quelle conosciute appena,
Che un destino diverso porta via
E che non si ritrovano più.
A quella che si vede apparire
Per un secondo alla finestra
E che, rapida, scompare via,
Però la sua sagoma snella
È tanto graziosa e sottile
Da rimanerne rasserenato.
Alla compagna di viaggio,
I cui occhi, affascinante paesaggio
Fan sembrare breve il cammino
E che si è il solo, forse, a capire
Ma che, però, si lascia scendere
Senza averle sfiorato la mano.
All'esile e leggera ballerina di valzer
Che vi è parsa così triste e nervosa
In una notte di carnevale,
Che è voluta rimanere ignota
E che non è più ritornata
A volteggiare in un altro ballo.
A quelle che sono già prese
E che vivendo delle ore grigie
Accanto a uno ormai troppo diverso
Vi hanno, inutile follia,
Fatto vedere la malinconia
D'un avvenire disperante.
A quelle timide innamorate
Che sono restate in silenzio
E che ancora vi rimpiangono,
A quelle che se ne sono andate
Lontane da voi, tristi, abbandonate,
Vittime d'uno stupido orgoglio.
Immagini care appena scorte,
Speranze d'un giorno deluse,
Domani sarete nell'oblio
Per quel poco di felicità che sopravvenga
E' raro che ci si ricordi
Degli episodi del cammino.
Ma se la vita è andata male,
Si pensa con un po' di rimpianto
A tutte quelle felicità intraviste,
Ai baci che non si osò prendere,
Ai cuori che forse vi attendono,
Agli occhi mai più rivisti.
Allora, nelle sere di stanchezza
Mentre si popola la propria solitudine
Di fantasmi del ricordo
Si piangono le labbra assenti
Di tutte quelle belle passanti
Che non si è saputo trattenere.

A seguire la canzone che De André ha tratto da questa poesia.

Voglio dedicare questa poesia
A tutte le donne amate
Per qualche istante segreto.
A quelle conosciute appena,
Che un destino diverso porta via
E che non si ritrovano più.
A quella che si vede apparire
Per un secondo alla finestra
E che, rapida, scompare via,
Però la sua sagoma snella
È tanto graziosa e sottile
Da rimanerne rasserenato.
Alla compagna di viaggio,
I cui occhi, affascinante paesaggio
Fan sembrare breve il cammino
E che si è il solo, forse, a capire
Ma che, però, si lascia scendere
Senza averle sfiorato la mano.
All'esile e leggera ballerina di valzer
Che vi è parsa così triste e nervosa
In una notte di carnevale,
Che è voluta rimanere ignota
E che non è più ritornata
A volteggiare in un altro ballo.
A quelle che sono già prese
E che vivendo delle ore grigie
Accanto a uno ormai troppo diverso
Vi hanno, inutile follia,
Fatto vedere la malinconia
D'un avvenire disperante.
A quelle timide innamorate
Che sono restate in silenzio
E che ancora vi rimpiangono,
A quelle che se ne sono andate
Lontane da voi, tristi, abbandonate,
Vittime d'uno stupido orgoglio.
Immagini care appena scorte,
Speranze d'un giorno deluse,
Domani sarete nell'oblio
Per quel poco di felicità che sopravvenga
E' raro che ci si ricordi
Degli episodi del cammino.
Ma se la vita è andata male,
Si pensa con un po' di rimpianto
A tutte quelle felicità intraviste,
Ai baci che non si osò prendere,
Ai cuori che forse vi attendono,
Agli occhi mai più rivisti.
Allora, nelle sere di stanchezza
Mentre si popola la propria solitudine
Di fantasmi del ricordo
Si piangono le labbra assenti
Di tutte quelle belle passanti
Che non si è saputo trattenere.